L’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui cerchiamo (e troviamo) le informazioni online

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una trasformazione silenziosa ma profonda: la ricerca online sta diventando sempre più conversazionale. Strumenti come ChatGPT, Claude, Perplexity e tanti altri stanno modificando non solo il modo in cui poniamo le domande, ma anche il tipo di risposte che riceviamo. E con questi cambiamenti, anche il web stesso sta mutando.

Pensateci: invece di digitare parole chiave su Google, oggi possiamo semplicemente fare una domanda in linguaggio naturale e ricevere una risposta immediata, spesso completa e personalizzata. Comodo, vero? Ma dietro a questa comodità si nascondono alcune implicazioni non da poco.

L’obiettivo dei colossi dell’AI è chiaro: entrare in un mercato da oltre 200 miliardi di dollari dominato (ancora) da Google. Per riuscirci, puntano su un’esperienza utente fluida, naturale, quasi umana. Il problema? Spesso, questi modelli linguistici si inventano fatti, generano “allucinazioni” informative e attingono liberamente da contenuti online… senza necessariamente portare traffico a chi quei contenuti li ha creati.

Per chi lavora nel mondo dell’informazione, blog compresi, questo significa una cosa sola: meno click, meno visite e meno entrate.

Un web senza link?

Google, dal canto suo, ha risposto lanciando AI Overviews, una funzione che fornisce risposte generate dall’AI direttamente nei risultati di ricerca. Il rischio? Gli utenti ottengono l’informazione che cercano senza mai lasciare la piattaforma. Si parla sempre più spesso di zero-click search: ricerche che non portano più a visitare i siti originali.

Questo scenario mette in crisi non solo i piccoli editori e blogger, ma anche aziende strutturate. E se chi crea contenuti smette di trarne un beneficio, quanto sarà sostenibile continuare a pubblicarli?

C’è poi un altro tema, ancora più delicato: quello della qualità e dell’affidabilità dell’informazione. Le AI non solo possono sbagliare, ma potrebbero fornire risposte diverse a seconda di chi fa la domanda.

Ma non è finita qui. Il prossimo passo sono gli AI Agent: modelli in grado di fare le cose al posto nostro. Non solo rispondere alle domande, ma prenotare voli, fare acquisti, gestire l’agenda. E tutto questo senza che ci sia più bisogno di aprire un’app o navigare su un sito. Comodissimo, sì. Ma anche inquietante: cosa succede se delegare tutto ci fa perdere il controllo su ciò che leggiamo, compriamo, scegliamo?

In conclusione

L’era dell’intelligenza artificiale applicata alla ricerca è già iniziata. Offre tanti vantaggi; ma anche sfide importanti, soprattutto per chi come noi vive e crea nel mondo del web. Resta da chiederci: vogliamo davvero un futuro dove le risposte ci arrivano già confezionate, senza che ci sia più bisogno di cercare, cliccare, esplorare?

Io una mia risposta ce l’ho, ma sono curioso di sentire la tua: cosa ne pensi di questo nuovo modo di cercare online?

emanuelegori
emanuelegori

Sono Emanuele, un appassionato di informatica da quando, negli anni 90, ho scoperto il mondo digitale con il mio primo personal computer Intel 486.
Da allora, non ho mai smesso di esplorare, imparare e condividere.
Oggi mi dedico al self-hosting, all'open source e alla privacy, per costruire un futuro digitale più autonomo e sicuro.

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