Divulgazione e social: quando la competenza diventa un bersaglio

Sui social chi divulga contenuti scientifici è spesso attaccato e ridicolizzato. L’esperto viene messo in discussione da chiunque. E purtroppo i social amplificano chi urla, non chi argomenta.

Non sono un frequentatore abituale di X (ex Twitter), non è il mio habitat naturale. Preferisco di gran lunga il fediverso, e in particolare Mastodon, dove il dialogo è più disteso, senza algoritmi e più rispettoso delle competenze. Continuo però a mantenere un account su X, principalmente per seguire voci che considero autorevoli e preziose.

Tra queste c’è un geologo, divulgatore scientifico e saggista italiano, noto anche per la sua presenza televisiva, che non si limita a spiegare: provoca, stimola, prende posizione. Lo seguo da anni, e apprezzo il suo coraggio nel dire cose scomode, specie quando si tratta di ambiente, pseudoscienza o gestione del territorio.

È proprio questa chiarezza che divide: c’è chi lo apprezza per la capacità di semplificare temi complessi e chi, al contrario, lo accusa di essere arrogante o ideologico.

Sui social tradizionali non esiste più un ambito di competenza: tutto si riduce a opinioni. Un geologo e divulgatore scientifico con trent’anni di esperienza viene contestato da profili “qualunque” che, senza alcuna preparazione, si sentono legittimati a correggerlo o ridicolizzarlo.

Sotto ogni suo post si accumulano commenti sprezzanti, battute, meme e accuse. C’è chi nega il cambiamento climatico, chi lo accusa di essere al servizio di qualche lobby o di voler fare solo propaganda. Il punto non è confutare con dati certi, ma sminuire, ironizzare, creare rumore. Sarebbe interessante vedere quegli stessi, così baldanzosi dietro la tastiera, trovarsi davanti alla lavagna a confutare i loro commenti, a voce alta, penna in mano.

Le piattaforme come X premiano la viralità, non l’autorevolezza. Più un contenuto genera reazioni, anche negative, più viene spinto in alto nei feed.

Il risvolto della medaglia? L’esperto, suo malgrado, può diventare una figura popolare proprio grazie alle polemiche. L’algoritmo trasforma il conflitto in visibilità, e in certi casi fa conoscere il divulgatore anche a chi altrimenti non l’avrebbe mai incontrato. Ma si tratta di una notorietà probabilmente distorta, basata più sull’arroganza e la cattiveria gratuita di chi attacca che sull’interesse reale per i contenuti.

La visibilità diventa così un’arma a doppio taglio: porta l’informazione a un pubblico maggiore, ma lo fa in un contesto saturo di ostilità.

Negli ultimi anni si è diffusa una retorica secondo cui ogni opinione ha lo stesso valore, a prescindere da chi la esprime. L’idea che “uno vale uno” si è trasformata, sui social, in un attacco sistematico verso chi possiede conoscenze reali, lavora con dati verificati o applica il metodo scientifico.

L’idea che “uno vale uno” sui social tradizionali si è trasformata.

L’espressione “uno vale uno” è spesso usata per affermare che ogni persona ha lo stesso diritto di parola. Questo è sacrosanto in una democrazia.
Il problema nasce quando questo principio viene frainteso e usato per sostenere che tutte le opinioni si equivalgano, anche quando una è supportata da anni di studio e dati verificati e l’altra è solo un’impressione personale o una teoria campata in aria.

Chi rappresenta competenza viene spesso percepito come arrogante o distante, e non di rado diventa bersaglio di sfiducia o rabbia. Non serve argomentare, basta insinuare dubbi, sbeffeggiare, trasformare ogni affermazione in un’occasione per una battuta a effetto.

Esiste un’alternativa?

In ambienti come il Fediverso, ad esempio Mastodon, dove la conversazione si sviluppa senza intervento degli algoritmi i toni sono meno tossici, la comunicazione meno aggressiva, il rispetto per la competenza più presente e la visibilità non dipende da quanto rumore si riesce a fare.

Questo non significa che tutti siano d’accordo, ma il dissenso tende a manifestarsi in modo più civile e costruttivo. Per chi, come l’esperto che seguo, cerca un dialogo autentico potrebbe valere la pena esplorare questi spazi nel Fediverso.

I social tradizionali ormai non sono più solo luoghi di conversazione ma ambienti tossici dove il dibattito diventa scontro.

Forse è il momento di chiederci: vogliamo davvero continuare ad affidare la qualità del dibattito pubblico a piattaforme che premiano il rumore anziché il merito?

emanuelegori
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🇮🇹 Sono Emanuele, autore di Homelab Notes.
Negli anni '90, un Intel 486 ha acceso la mia passione per l’informatica e da allora non ho mai smesso di esplorare, imparare e condividere.
Oggi mi dedico al self-hosting, all'open source e alla privacy, per costruire un futuro digitale più libero e sicuro.

🇬🇧 I am Emanuele, author of Homelab Notes.
In the 90s, an Intel 486 sparked my passion for computing, and since then, I have never stopped exploring, learning, and sharing. Today, I focus on self-hosting, open source, and privacy to build a freer and more secure digital future.

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